Città della Pieve è conosciuta non solo per aver dato i natali ad uno dei più celebri artisti del rinascimento, il Perugino, ma anche per essere produttrice di zafferano.
La pianta, originaria dell’Asia Minore, fu impiegata fin dall’antichitá per uso tintorio, farmacologico, cosmetico e gastronomico. Le sue proprietà curative erano note sia agli Egizi che alle civiltà del Mare Egeo, che raffigurarono il fiore dello zafferano nelle pareti dei loro palazzi reali e santuari.
Nella Bibbia e precisamente nel Cantico dei Cantici, lo zafferano viene associato alle piante piú aromatiche e pregiate che nascono nel giardino.
Furono i greci a chiamare per primi la pianta croco, nome con il quale fu nota anche al mondo romano. Furono gli Arabi, invece, a contribuire alla trasformazione dell’antico nome croco nel medievale zafferano. La parola, infatti, deriva dal persiano safra (giallo), passato nell’arabo za’faràn. Dopo la massicia importazione della spezia in Spagna, il nome cambiò ancora nello spagnolo azafran, letteralmente “alle ali d’oro”, da cui zafferano con il quale si diffuse in tutta Europa.
Nel XIII secolo in Italia lo zafferano fu coltivato e commerciato come pianta tintoria, in particolare per colorare panni di lana, seta, lino e fu usato anche nella pittura. Continuò anche l’uso farmacologico come antispasmodico e sedativo, contro i dolori dentali, l’insonnia, l’isteria. Lo zafferano fu ritenuto importante in ambito salutare soprattutto per curare i mali allo stomaco, milza, fegato, cuore ma anche per migliorare le prestazioni sessuali.
Le origini dello zafferano, dunque, evocano l’Oriente, ma non dobbiamo andare troppo lontano per poterlo apprezzare. Città della Pieve, infatti, è tra le aree di produzione italiane di questa preziosa spezia, grazie al suo territorio collinare e cretoso, e al clima adatto.
Il più antico riferimento al commercio di zafferano nel territorio di Città della Pieve si trova nello Statuto del Comune di Perugia del 1279, dove all’articolo 509 “Qualiter eligantur potestas Castri plebis” si vietava ai forestieri la semina del grocum (il croco) nell’allora contado di Castel della Pieve.
Il valore attribuito alla produzione di croco nel territorio pievese accrebbe poi nei secoli successivi, come documentano le dettagliate ordinanze emanate dalle autorità locali riguardo la coltura e la ricolta di saffarano. Quest’ultima era severamente regolata negli Statuti della Gabella di Castel della Pieve del 1537-1539, i quali imponevano l’obbligo a chiunque raccogliesse zafferano nel distretto pievese di denunciarne al Comune il quantitativo prelevato, ottemperando poi alla tassazione prevista entro e non oltre l’8 novembre.
La grande attenzione rivolta alla produzione di zafferano nel comprensorio di Castel della Pieve era sicuramente legata all’uso dei pigmenti ricavabili dalla pianta, impiegati nella tintura di panni (lana, velluti e sete) e filati, di cui a lungo la città fu un importante centro produttivo.
Famosissimi erano, infatti, i panni e i damaschi di Città della Pieve e le preziose sete colorate con lo zafferano «che anche il Perugino pare utilizzasse per rendere in affresco l’inimitabile riflesso dorato dei tessuti tinti con quest’oro naturale» [Buseghin 2004: 77-79].
Ancora oggi lo zafferano di Città della Pieve è un prodotto d’eccellenza della città, per il quale ogni anno si svolge Zafferiamo, l’evento autunnale di tre giorni volto alla sua valorizzazione. Nella bella cornice del centro storicole piazze e strade ospitano gastronomia, degustazioni e profumi di zafferano per condurre i visitatori alla scoperta e alla riscoperta di questa preziosa spezia.
Quindi prendete nota: ZAFFERANO DI CITTA’ DELLA PIEVE … da degustare assolutamente ad ottobre durante ZAFFERIAMO 2021!!!
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